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Salvare la meraviglia

  1. Mantenere vivo lo stupore

Questo percorso di riflessione nasce dalle parole di uno dei miei attori preferiti, Toni Servillo, che in un’intervista richiama alla necessità di mantenere vivo lo stupore, la disponibilità e la curiosità dei ragazzi.
Credo sia una pratica da dover allenare possibilmente con tutti, non solo con bambini e ragazzi.
È una necessità che spesso diventa urgenza. Salviamo la meraviglia, un’emozione a rischio estinzione.

2. Real Maravilloso

L’espressione “Real Maravilloso” compare per la prima volta in un testo di Alejo Michele D'Ignazio5Carpentier, Il regno di questo mondo (1949).
Lo real maravilloso. Non realismo magico, che è frutto di una traduzione sbagliata che poi è diventata una evoluzione del concetto, soprattutto nello studio della storia della letteratura.

Realtà meravigliosa. Reale meraviglioso.

Senza inoltrarci troppo in ciò che è la società e la letteratura sudamericana, da dove prende corpo questo approccio, a me interessa la coltivazione di un nuovo orizzonte di Real Maravilloso, un approccio non solo che richiami a miti e leggende del passato, ma che ci porti ad inventarne di nuovi, di miti, leggende e visioni sognanti, e iscriverli nella contemporaneità di tutti i giorni, sia come esperienza quotidiana che come narrazione.

Una pratica che è allo stesso tempo:
– evasione dalla realtà & arricchimento della realtà
– avventura (che riempie la vita) & partecipazione (confronto e senso civico)

3. In equilibrio tra realtà e immaginazione

In equilibrio tra realtà e immaginazione

Immagine tratta dal video “Mano Matita”, realizzato da Michele D’Ignazio e Gianluca Salamone

Una domanda che spesso viene rivolta ad ogni scrittore riguarda lo stile di scrittura.
Nel mio caso, faccio fatica a definirlo in maniera netta.
Provo a utilizzare una metafora: “Quando scrivo, cammino in equilibrio su una corda.”
Mimo il gesto: due piedi allineati e braccia aperte ad aeroplanino.
Inizio a camminare lentamente, un passo dopo l’altro. Subito i ragazzi si rendono conto che rischio di cadere giù. Non è facile trovare l’equilibrio per andare avanti.
Poi dico: “Da una parte c’è…”
Mi interrompo. Aspetto che siano i ragazzi a ipotizzare. Scherzando, cerco di far capire  che devono fare in fretta a farsi venire delle idee, altrimenti rischio di cadere.
Escono fuori un bel po’ di ipotesi finché qualcuno non pronuncia la parola “realtà”.
Ecco, la realtà è sempre la materia prima. Tutto ciò che ci circonda, che succede, che vediamo, che ascoltiamo, che apprendiamo, che percepiamo.

“Dall’altra parte, invece, c’è…”
L’immaginazione.
È un ingrediente fondamentale. Perché riguarda proprio quell’esercizio della meraviglia, dell’arte del meravigliarsi. Rendiamo il real, la realtà, maravillosa, intesa come capace di sorprenderci, nel bene e nel male.

Il meraviglioso è una marcia in più che applichiamo alla nostra percezione.
Tutto ciò che di più riusciamo a percepire si può trasformare in emozioni, bellezza (avventura) e anche futuro, perché si può applicare concretamente alla realtà (partecipazione).

Per immaginazione intendo:
Tutto ciò che non c’è, ma potrebbe esserci (citando Italo Calvino)

Ma anche…
Tutto ciò che sembra non esserci, ma in realtà c’è

4. Il concetto di Leggerezza

A proposito di Italo Calvino, lo scrittore italiano dedica una delle sue “Lezioni Americane” (Garzanti, 1988) all’opposizione leggerezza-peso.

Una riflessione sempre attuale su cui si deve discutere, a maggior ragione perché viviamo in un’epoca apparentemente leggera (nelle società occidentali la maggior parte delle persone può muoversi con facilità, può possedere una innumerevole quantità di beni e strumenti, può comunicare con facilità) ma che spesso si rivela pesante (difficoltà a leggere la realtà, interferenze del mondo virtuale sempre più frequenti e invadenti, impostazione problematica dei media, maggior peso alle negatività piuttosto che alle positività, a ciò che non possiamo fare piuttosto che a ciò che possiamo fare, difficoltà di godere delle esperienze e delle opportunità che la vita ci offre).

Probabilmente ci troviamo davanti ad un’epoca contraddittoria di falsa leggerezza o leggerezza pesante, che può diventare fonte di un diffuso disagio esistenziale.
Di fronte ad uno scenario del genere, la definizione di Calvino sulla leggerezza sembra venirci in soccorso:

Prendete la vita con leggerezza. Che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore. […] La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso.

La precisione e la determinazione della leggerezza. Mi viene da pensare al tennis, uno sport che adoro praticare.
Dopo tanto allenamento alla precisione, dopo tanta determinazione, avviene la magia. I colpi partono da soli, ci si muove sul campo con leggerezza, il colpo è vincente non grazie alla forza, ma alla coordinazione. Una riflessione che si può applicare alla scrittura (per quanto mi riguarda) e a molte altre pratiche.

Davvero suggestiva la descrizione che lo scrittore David Foster Wallace fa del campione di tennis Roger Federer.

La spiegazione metafisica è che Federer sembra essere esentato, almeno in parte, da certe leggi della fisica. Esempi analoghi sono quelli di Michael Jordan, che oltre a riuscire a saltare ad altezze disumane era capace di rimanere sospeso in aria un istante o due di più di quanto consentito dalla forza di gravità, e Muhammad Ali, che riusciva a “galleggiare” sul ring e a mettere a segno due o tre diretti nel tempo necessario per assestarne uno. Federer appartiene a questa categoria […] Non è mai in affanno o sbilanciato. La palla che si avvicina rimane sospesa, per lui, una frazione di secondo in più di quanto dovrebbe. I suoi movimenti sono sinuosi, più che atletici.

Esistono modi per essere esentati dalle leggi della gravità (in senso lato). Sono questi modi che vanno ricercati, soli e insieme agli altri. In maniera personale, ma anche collettivamente.
Con i ragazzi e i bambini, un buon libro aiuta a cercarli. Così come l’arte, lo sport e tutto ciò che esalta la vita, nella sua fragile bellezza.

Nota a margine chiamata Piccola critica su ciò che chiamo «impostazione problematica»

Nel contesto delle scuole secondarie di primo e secondo grado, mi capita spesso di essere contattato da un docente per valutare l’opportunità di organizzare un incontro a scuola con i ragazzi. Lo stesso docente, dopo alcune settimane dalla prima mail o telefonata, un po’ mortificato, si scusa, spiegandomi che la proposta non è passata nel consiglio docenti perché la maggioranza, pur apprezzando il valore letterario dei miei libri, ha optato per un libro che parli apertamente di bullismo o di mafia (due temi imperanti alle medie e ai licei)
La mia critica è semplice. Io penso che sia fondamentale prendere coscienza dei problemi di cui la realtà è composta, ma credo sia opportuno (con i ragazzi e non solo) partire dalle opportunità e poi arrivare agli ostacoli da schivare, ai muri da superare.
Se si parte dagli ostacoli, rischiamo di non far vedere ai ragazzi nient’altro che problemi e muri insormontabili. E il rischio è grosso: non solo perdere lo stupore e la meraviglia, ma contagiarli di sfiducia, di noia, di senso di impotenza, di “ruggine”, come la chiama Toni Servillo.

Invitiamoli all’avventura, al viaggio, a sognare.
Con l’invito al viaggio e l’incontro con altre culture si sconfigge il razzismo e l’indifferenza. Allenando la capacità di sognare, si sconfigge la mentalità mafiosa.

I bambini e i ragazzi vanno colpiti, spiazzati, bisogna allargargli la visione del mondo. Restringerla sarebbe un’ingenuità imperdonabile.

5. La Meraviglia e lo Stupore nelle Trame

Storia di una matita (copertina)Titolo: Storia di una matita
Autore: Michele D’Ignazio
Editore: Rizzoli
Pagine: 120
Anno di pubblicazione: 2012 – 12a ristampa: Dicembre 2018
Prezzo di copertina: 8,90 €

Lapo si è appena trasferito in una grande città per realizzare il suo sogno: diventare illustratore. Ci spera talmente tanto che a un certo punto, a partire dalle sue dita, si trasforma in una gigantesca matita. È uno sconvolgimento nella sua vita quotidiana: anziché pettinarsi deve temperarsi, lascia segni ovunque, la sua testa è diventata una gigantesca punta di grafite. Per uscir di casa, ha bisogno di un viso con degli occhi, delle orecchie, una bocca… una faccia per ogni circostanza, per ogni emozione: ne disegna più di un centinaio e ben presto si rende conto che non bastano.
Ma superato lo shock iniziale, il ragazzo-matita non si perde d’animo: si inventa un modo per comunicare con gli altri, trova un lavoro e si lancia alla scoperta di un mondo che ha un gran bisogno di essere ridisegnato.

Per scoprire di più su “Storia di una matita” clicca qui: https://storiadiunamatita.wordpress.com/

Copertina Pacunaimba_Michele D'IgnazioTitolo: Pacunaimba – L’avventuroso viaggio di Santo Emanuele 
Autore: Michele D’Ignazio
Editore: Rizzoli
Pagine: 160
Anno di pubblicazione: 2016
Prezzo di copertina: 13,00 €

Santo Emanuele è il giovane aiutante del sindaco di Lancastre, un tipo eccentrico e truffaldino. Le elezioni sono imminenti, il paese è in subbuglio e, per essere rieletto, il primo cittadino ha bisogno del prezioso voto di un lontano parente di Santo Emanuele, disperso da anni nel grande Brasile. Con la testa che torna sempre alla dolcissima collega Mara, l’ingenuo e sprovveduto impiegato si imbarca in un avventuroso viaggio all’insegna della meraviglia e il Brasile, tra gli imponenti alberi del mato e le baracche di fango e di lamiera delle favelas, si rivela uno specchio magico che riflette un’immagine nuova di Santo Emanuele, molto diversa da quella che ha sempre visto.

Un romanzo magico e visionario che intreccia poesia e comicità e ci regala il racconto di un viaggio straordinario da un sud Italia sospeso tra cielo e mare a un Brasile selvaggio e seducente.

Per scoprire di più su “Pacunaimba”  clicca qui: https://micheledignazio.org/2016/02/09/pacunaimba-lavventuroso-viaggio-di-santo-emanuele/

Alcuni esempi tratti dalle trame di “Storia di una matita” e “Pacunaimba”

Questa volta fu il mignolo della sua mano sinistra a dirigersi verso la narice destra. Il dito piccolo sembrava più adatto a quel tipo di operazioni. Gira e rigira, scava e riscava, a un certo punto, Lapo sentì un odore. Era l’odore delle sue matite.
“Ah! Fantastico”, esclamò.
Un piccolo ghigno di soddisfazione attraversò il suo viso. Adorava l’odore di legno misto a grafite. E in più, aveva respirato: quell’incredibile macchina scavatrice che era il suo dito mignolo era arrivata dall’altra parte, il condotto respiratorio. Aveva creato un tunnel e ora riusciva a sentire qualche odore.Dita Matia
Si sentì felice, per un momento.
Ma non era del tutto soddisfatto e continuò a rigirarsi il dito mignolo nel naso.
Sentì ancora una volta l’odore della matita. Poi tirò fuori il mignolo, si alzò da terra e si preparò un bel caffè.
Ne sentì l’odore, quando uscì dalla macchinetta. Lo versò che era ancora caldo.
Solo quando poggiò le labbra sul bordo della tazza notò quella stranezza. Spalancò gli occhi.
C’era poco da fare, aveva visto bene. La punta ben temperata, il colore giallo, la forma esagonale. Era una matita bellissima. L’unico problema è che pochi secondi prima era il suo dito mignolo. (Storia di una matita, p. 16)

«Questo è un albero di Giacca» disse O Italiano.
«Di Giacca?»
Alzando lo sguardo al cielo, Santo Emanuele si immaginò di vedere grucce che reggevano eleganti giacche, che dondolavano e giravano lentamente su se stesse, mosse dal vento. E scendevano e salivano con l’aiuto di liane.
Di sicuro sarebbe piaciuto a sua madre, che faceva la sarta.

Albero di giacca

«Não, che hai capito?» lo corresse O Italiano, «guarda, si scrive così…»
Dalla tasca prese un taccuino e una matita e tracciò la sagoma di quattro lettere: j-a-c-a.
«Jaca! È un nome che deriva dalla lingua indigena… (Pacunaimba, pag. 124)

Banconote brasiliane

Ed eccolo lì! Di fronte a lui c’era l’albero della bicicletta.
“Uno di famiglia…”
Era molto affezionato a quel groviglio di rami e di pedali.
Lo osservò bene: dal tronco sbucava il manubrio della bicicletta, insieme al cerchione e al sellino. Quella strana simbiosi era stata causata, tantissimi anni prima, da una semplice distrazione del bisnonno di Lapo, che aveva dimenticato la sua bici appesa al ramo di un castagno. Poi era partito per tanto tempo e quando era tornato ritrovò la bici abbracciata da tante foglie: faceva ormai parte dell’albero.
Era un vero e proprio simbolo in paese: l’unione tra l’uomo e la natura che tutto equilibra e fa suo. L’albero dal quale sbucavano, anziché fiori e petali, raggi e pedali. Con il tronco che ha le marce, ma non marcisce. (Storia di una matita. A casa, pag. 92)

 

 

 

 

6. La meraviglia e lo stupore nelle parole  (Giochi di parole)

Nei libri che ho pubblicato ci sono molti giochi di parole. Alcuni sono un po’ nascosti nel testo, altri ben evidenti. Quando leggo quelli dedicati agli artisti, la prima reazione è di spaesamento, che è sempre un effetto molto potente e stimolante. In seconda battuta arriva la comprensione del meccanismo del gioco linguistico. Come ribadito più volte, la lingua (come la realtà sociale) non deve essere solo un insieme di regole, ma anche terreno di sperimentazione. Ecco due esempi:

Se non vi piace il rumore, tappatevi le orecchie, perché qui di sicuro si farà un gran Picasso, evitando però di calpestare il PratesiDalì c’è una visione splendida. Mirò il dito su quel personaggio così alto e Magritte, e poi quell’altro pennuto da sembrare un Pollock, lanciando un Dada a sei facce a quella ragazza con due Boccioni così, poi si rese conto che gli puzzava la Capucci e pensò di doversi fare un Duchamp, ma adesso Basquiat! (Pag. 85, Storia di una matita, Rizzoli)

La mia specialità è Pollock con patate al forno. Ne vado Giotto. È un piatto che Kandiskij con tante spezie e, dopo averlo mangiato, sono sempre Sanzio. Oh, per non dimenticare il vino, appena travasato dalle Botticelli. (Pag. 26, Storia di una matita. A scuola, Rizzoli)

7. La Lavagna Luminosa

Dal 2015 collaboro con Gianluca Salamone, artista visuale e visionario. Il lavoro si concentra su due ambiti: i disegni dal vivo su lavagna luminosa e i grandi murales in contesti urbani.

Partiamo dalla lavagna luminosa, che è uno schermo vivo e si contrappone ai tanti schermi che ci teniamo in tasca, in soggiorno, in ufficio, in classe e da cui siamo sempre più circondati.
Tutto ciò che appare sulla lavagna luminosa viene fuori dalle mani, dalla curiosità, dall’ingegno e dall’arte di una persona.

Nello “Spettacolo Luminoso” (guarda il video) utilizziamo tanti materiali per far apparire le immagini sullo schermo: carta, sabbia, colori, acqua, sapone (per creare bolle), una lampadina, un paio di occhiali, una foglia e molto altro.
Lavorare con la lavagna luminosa è un modo per far crescere nei bambini (ma non solo) la coscienza degli “schermi”.
Far capire la differenza tra un’immagine creata da una persona e una creata da un dispositivo elettronico, guidato da un programma e da un algoritmo.
Far capire la differenza tra cosa arricchisce l’esperienza e cosa la svuota.
Per questo motivo, in tutte le scuole dove realizziamo, con la partecipazione dei bambini, lo “Spettacolo Luminoso”, invitiamo a recuperare l’utilizzo di questo strumento.
Di lavagne luminose se ne trovano ancora tante e, essendo tutte in dismissione, vengono per lo più regalate.
Approfittatetene! Come spesso avviene, le cose belle non costano nulla!

8. Il Mandala

Il Laboratorio “Mandala Creative Workshop” (guarda il video) è stato pensato per il B-Book Festival, che si tiene ogni primavera nella città di Cosenza, ma si è poi realizzato in molti altri luoghi e città. In questa esperienza dinamica creativa c’è precisione e determinazione, sogno e partecipazione, meraviglia e stupore.

9. L’arte di Soffiare

Il romanzo “La ragazza dei lupi” (Rizzoli 2017), scritto da Katherine Rundell, fa scoprire al lettore la figura del soffialupi nella Russia di inizio 900. I soffialupi aiutavano i lupi, quelli nati in cattività e ammaestrati, a capire che sono nati coraggiosi, a ritrovare i loro istinti più importanti.
Con i bambini e i ragazzi provo a fare la stessa cosa: cerco di ricordargli che sono nati coraggiosi e che devono mettere a frutto tutta la loro intelligenza per essere felici in questo mondo.
Soffiare: il concetto può sembrare strano, però l’immagine è appropriata: soffiare via quella bolla, quell’incantesimo che fa rimanere tante persone prigioniere della propria tristezza, di una mancanza cronica di coraggio e di fiducia verso gli altri. E i bambini, se stanno a contatto con queste persone, rischiano di farsi influenzare dalla bolla. Per questo, cerco di soffiare sulle persone, riaccendere il fuoco che spesso viene coperto da strati di cenere. Ma che c’è e deve essere riscoperto.

10. Un augurio finale

michele-dignazio28Un ragazzo di seconda media, durante un incontro, mi ha fatto questa domanda: Se Lapo avesse un motto, quale sarebbe?

Domanda difficile. Ci ho pensato su. Di possibili motti, nei tre libri di “Storia di una matita” ce ne sono molti: Vorrei avere la vita temperata come una matita. Avere l’anima di grafite. Lasciare il segno. Avere le ali ed essere leali.

Alla fine, però, ho pensato questa frase, che mi piacerebbe inserire in un futuro capitolo delle avventure di Lapo.

Paul Klee2

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