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Con i bambini

(Intervista rilasciata a Viviana Grassi, per la sua tesi di laurea sulla letteratura per ragazzi e sul festival “La vallata dei libri bambini”)

Dalla fine del secolo scorso, si cerca di “riscattare” la letteratura per ragazzi nella sua identità e dignità. Esistono, secondo lei, delle differenze tra la letteratura per ragazzi e la letteratura per adulti? Se sì, quali? E cosa le rende diverse tra loro?
Partiamo dal presupposto che la letteratura per ragazzi è letteratura. Lo dimostrano i tanti libri importanti che sono stati scritti. E non mi soffermerei più di tanto sulle differenze tra letteratura per ragazzi e per adulti, piuttosto su letteratura vera o di consumo. Ecco, i libri devono essere belli! Un buon libro non ha genere. È universale.
Una delle peculiarità della letteratura per ragazzi, che ne è anche la forza, è la semplicità del linguaggio, ma non rinuncia (e non deve rinunciare) a raccontare il mondo nelle sue innumerevoli sfaccettature. Stiamo quindi parlando di libri che, in realtà, si rivolgono a tutti. Ed è questo anche il mio obiettivo quando scrivo: raccontare una storia ai bambini, ai ragazzi e anche ai “grandi”. Questo carattere universale, fuori dalle logiche del tempo e dell’attualità, è ciò che secondo me deve differenziare un buon libro, per ragazzi e per adulti.Tour della Matita

Uno scrittore per ragazzi, ha delle responsabilità nei confronti del suo pubblico? Quali?
Sì. Prima di tutto, non deve annoiare. Ogni lettore, dedicando un po’ del suo tempo a un libro, dà fiducia allo scrittore, che perciò non deve deludere ma, allo stesso tempo, deve prendersi delle libertà, deve essere, in maniera intelligente, imprevedibile. Deve saper spiazzare.
Un buon libro, secondo Walter Benjamin, deve essere utile, solido e irripetibile.

C’è una ragione se ha deciso di scrivere per ragazzi? 

All’inizio è stato un caso. Non era mia intenzione. È stato per la prima volta lo scrittore Davide Longo che, leggendo un mio scritto, mi disse: “Secondo me, questo racconto potrebbe essere pubblicato in una collana per ragazzi”. Da quel momento, ho iniziato a pensarci e a ragionarci. Ed è stata una continua ricerca.
Negli anni settanta, molte persone (e molti autori) consideravano i libri per bambini una via per costruire un mondo migliore. Io allora non ero ancora nato, ma spesso mi pongo questa domanda.
Ripartire dai bambini?
Perché no!
C’è bisogno di impegno e intelligenza, però. Con queste due qualità, ci si può anche divertire. Un sacco. E sono partito da qui.

Perché i ragazzi oggi dovrebbero ancora leggere?
Perché la lettura è una grande scoperta e leggere mette in moto l’immaginazione come nessun altro strumento. Molte volte , parlando di trasposizioni cinematografiche di libri, sentiamo questa frase: “Il film era bello, ma mai come il libro”. È così, un buon romanzo per me è ineguagliabile. Ed è questo che cerco di far capire ai bambini e ai ragazzi. Anche perché l’immaginazione per me è un valore sociale. “Immaginare ciò che non c’è, ma potrebbe esserci”, per dirla con Calvino, aiuta a vivere meglio con se stessi e con gli altri.

Cosa vorrebbe trasmettere con i suoi libri?
Il potere dell’immaginazione, prima di tutto.
Ma anche, in forma leggera e ironica, la complessità del mondo. Invitare a sospendere ogni giudizio, come diceva Francis Scott Fitzgerald nell’incipit di “Il grande Gatsby” e concentrarsi piuttosto nel meravigliarsi e scoprire la bellezza nelle innumerevoli pieghe della vita.

Lei tiene diversi incontri con i ragazzi nelle scuole. Cosa spinge un autore a incontrare faccia a faccia il proprio pubblico, e cosa si aspetta possa nascere da questi incontri?

Il confronto è importante. Ed è importante per me capire, dal vivo, le reazioni dei bambini e dei ragazzi a ciò che racconto, le loro percezioni. È un completamento del mestiere di scrittore, lo sublima. E a volte, perché no, ci si lascia travolgere dall’entusiasmo dei bambini, che non fa mai male, anzi!

Scheda Michele D'IgnazioLei stesso organizza un Festival di promozione alla lettura. Cosa significa secondo lei promuovere la lettura?
Significa dare l’opportunità a bambini e ragazzi di incontrare degli scrittori. Questo li incuriosisce, li stimola, lì rende ancor più partecipi. È come vedere un concerto dal vivo, dopo aver ascoltato e riascoltato un disco.

Per quanto attiene la promozione alla lettura, da diversi anni si scontrano posizioni contrastanti. Da una parte, Roberto Denti sosteneva che fosse sufficiente che i ragazzi leggessero, a prescindere dalla qualità del testo cui prestavano attenzione; dall’altra, Silvia Blezza Picherle ritiene che un lettore vero e proprio dovrebbe leggere soprattutto libri di qualità. Qual è la sua posizione in proposito?

Credo che bisogna leggere libri belli, di qualità, di spessore. E con questo, ci ricolleghiamo alla prima domanda e chiudiamo il cerchio.
Nella narrativa per ragazzi, un libro brutto è come una festa di compleanno noiosa: i bambini da un lato e i genitori dall’altro, a chiacchierare, a controllarli. Sono separati e il rischio di annoiarsi è altissimo. Un buon libro è invece come una bella festa, con genitori e bambini che giocano insieme e si arricchiscono l’un l’altro, perché c’è molto da imparare stando insieme.

 

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