Come ciclista
Il tempo della scrittura è per me come i grandi tour: il Giro d’Italia, la Vuelta di Spagna, il Tour de France. Ricorrono una volta l’anno tre intense settimane di tappe avvincenti.
Arriva così, ogni anno, il tempo di scrivere, di ritagliarmi tre settimane in cui mi dedico solo alla storia che mi è maturata in testa, come un frutto succoso che ho desiderato per tutto un inverno, e che si trova sul ramo più alto di un albero.
L’inizio del mio tour personale, fatto di curve di inchiostro e tip tap di tastiera, è solitamente repentino, istintivo. È una molla inspiegabile. Come lo scatto poetico di uno scalatore. Ma bisogna farsi trovare preparati.
I restanti mesi dell’anno sono dedicati alla preparazione: belle letture, vita vissuta, fuga (spesso solitaria) dalla routine (le strade in pianura e i lunghi rettifili non mi sono mai piaciuti).
Scrivere in salita
Sono sempre affascinato dai metodi dei grandi scrittori. Isabel Allende, ad esempio, prima di iniziare a scrivere, accendeva una lunga candela bianca. E non smetteva di scrivere fino a quando non si fosse totalmente esaurita.
Tuttavia mi è difficile dire quale sia il mio metodo di scrittura. Mi viene però naturale ripensare alle salite.
Mi hanno fatto capire cosa vuole dire resistere, essere forte, allenarsi, avere memoria delle strade percorse, sia quelle grandi e trafficate, sia quelle strette, pietrose e disseminate di buche. Mi hanno insegnato a non demotivarmi di fronte alle crisi, ma allo stesso tempo a non esaltarmi troppo nei momenti buoni, di grande agilità e fiducia.
Mi hanno insegnato che un minimo di rischio ci vuole.
Così come è normale, a volte, cadere, farsi male, rialzarsi.
Scrivere in salita, dunque.
Dove ogni frase è un tornante. I capitoli sono vallate e risalite, attraversamento di paesi, paesaggi, vite sfiorate.
E nella ripetitività di un gesto magico, sempre uguale e sempre diverso, si ripete l’arte di liberarci da noi stessi, ma arrivare a conoscerci meglio.
Essere capitani e gregari, allo stesso tempo.
Inseguiti e inseguitori.
Respirazione
Sembra una banalità, ma è importante saper respirare, avere coscienza di questo atto, formato da due movimenti: l’inspirare e l’espirare. Tirare dentro l’ossigeno e, dopo pochi attimi, buttarlo fuori in forma diversa. Due movimenti vitali e imprescindibili l’uno dall’altro.
All’inspirare e all’espirare, accompagno l’ispirare e l’aspirare. Mi ispiro, in forma più o meno inconscia, a qualcuno e a qualcosa che mi ha preceduto. Sarebbe superfluo fare un elenco di nomi, perché troppo lungo. Solo dopo aver tirato dentro, come ossigeno, parole, immagini e una bella boccata di vita, aspiro a fare (e a scrivere) qualcosa di nuovo.
Misurazione del tempo
L’arte di narrare conserva, ancora oggi, un aspetto arcaico ed è per questo che preferisco la clessidra agli altri strumenti per misurare il tempo. Perché, a differenza di cronometri e orologi elettronici, la clessidra contiene in sé il segreto del tempo, la sua più intima natura. Il tempo è come sabbia. Ci arriva imprevedibile, si sgretola per poi ammassarsi al fondo. Ma ciò a cui rivolgo la mia attenzione è il punto in cui tutto converge…
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