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Tra ali e radici. Considerazioni su “Storia di una matita. A casa”

Un antico detto dei nativi americani recita così: “Ai nostri bambini possiamo regalare solo due cose: ali e radici”

In “Storia di una matita. A casa” ho voluto intrecciare ali e radici, sviluppando all’interno della narrazione la metafora della crescita degli alberi, che è simmetrica: avviene in altezza, con il tronco, i rami, le chiome, ma anche in profondità, con le radici.
Più cresce in altezza, più va in profondità: sono due movimenti collegati.
Bisogna quindi avere sogni, ma anche radici. E l’uno non esclude l’altro. Volare alto non significa dover trascurare le proprie origini, la propria infanzia. Anzi.
Gli alberi sono dei maestri silenziosi e sempre presenti. Se consideriamo il libro da questo punto di vista, c’è una circolarità, perché con Lapo, il protagonista delle tre storie, ero partito proprio da un sogno. E ora sono arrivato alle radici.

Lapo pensava e ripensava a una frase che gli diceva sua madre quando lui era più giovane e aveva sempre la testa fra le nuvole: “Rimani con i piedi per terra.” Ora, Lapo aveva capito che si può stare con i piedi per terra e la testa fra le nuvole… allo stesso tempo! È così che fanno gli alberi. Le radici vanno in profondità e la chioma si spinge verso il cielo. “C’è un tempo per sognare, uno per disegnare, uno per insegnare e uno per seminare…” E ogni seme, prima di nascere, contiene un sogno o un’emozione.

Michele D'IgnazioMentre nei due precedenti libri della serie ho descritto la città e il paesaggio urbano, questa volta ho voluto raccontare una storia di campagna e di paese. Ho cercato di cogliere il senso di comunità, che va ricercato, e ricreato là dove si è perso.
La genesi del libro deve molto a una festa di paese in cui mi sono imbattuto, nel 2015, a San Mauro Pascoli, in Emilia-Romagna, quando ho partecipato al bel convegno della Rete di Cooperazione Educativa dal titolo “La terra dell’educazione: seminare il futuro”.
Mi sono ritrovato avvolto in una giornata di giochi di piazza, musica, balli e tavolate che non finivano mai, con tutte le generazioni che si ritrovavano nella stessa piazza, grandi e bambini, vecchietti e neonati. Un’allegria senza tempo. Un’esperienza e un insegnamento unico, in una terra sempre particolarmente attenta alle relazioni tra le persone.

Tutto il paese era lì, radunato in quella piccola piazza, a osservare incuriosito il vecchio albero. «Che frutti strani!» diceva qualcuno.

Per Lapo si tratta di un crescendo di apertura: si scopre sempre meno concentrato su se stesso, pensa più agli altri, alla loro felicità, al loro benessere, pensa ai luoghi dove è nato e cresciuto. La maturazione consiste proprio da questo passaggio: dal sognare con se stessi al sognare con gli altri.
E la riflessione si allarga ancora: ci porta verso l’equilibrio e la simbiosi (possibile, necessaria) tra uomo e natura. In alcune parti ho preso ispirazione da un libricino pubblicato dall’editore Kellerman “Il quaderno degli alberi antichi e leggendari”, che foto cosenzami ha fatto scoprire alcuni tra gli alberi secolari della penisola. Ognuno di essi racchiude tante storie, che sono le stesse storie della nostra gente. Ed è simbolo di dialogo e di un’equilibrata convivenza tra uomo e natura.

Ed eccolo lì! Di fronte a Lapo c’era l’Albero della bicicletta. “Uno di famiglia…” diceva suo padre. Era molto affezionato a quel groviglio di rami e pedali. Lo osservò da vicino: dal tronco sbucavano il manubrio di una bicicletta, un cerchione e un sellino.
Quella strana simbiosi era nata, tantissimi anni prima, da una banale distrazione del suo bisnonno, che aveva scordato la bici appoggiata a un castagno. Poi era partito per un lungo viaggio, e al suo ritorno aveva ritrovato la bicicletta avvolta in un abbraccio dai rami e dalle foglie della pianta: faceva ormai parte dell’albero. Era un vero e proprio simbolo per tutto il paese, l’Albero della bicicletta: l’unione tra l’uomo e la natura. L’albero da cui, anziché fiori e petali, facevano capolino raggi e pedali. Con il tronco che ha le marce, ma non marcisce.

Insomma, gli alberi sono portatori di sogni. E sono anche dei buoni maestri.
Mi fa piacere che in questi giorni è stata data la notizia della realizzazione della “scuola intorno all’albero”, progettata da Renzo Piano, che sorgerà nel 2019 a Sora, in provincia di Frosinone: una scuola dove si possa trascorrere molto tempo all’aria aperta, ad esplorare il mondo, a mescolare i saperi. Un’idea che ricorda l’utopia della scuola nel parco ex-Trotter di Milano, che è stata una delle esperienze più significative di scuola nel nostro paese, nel novecento.
Speriamo allora che passato e futuro possano camminare insieme, con armonia. E che possiamo ritrovarci tutti riuniti in una grande piazza e intorno ad un grande albero.

Storia di una matita. A casa (Copertina)

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