Pacunaimba – Elogio del viaggio e del sogno
“Il germoglio del romanzo nasce da un viaggio fatto alcuni anni fa in Brasile, immerso in una natura affascinante, prorompente. I due mesi trascorsi lì sono sembrati un anno: non c’era internet, avevo con me un cellulare che usavo solo in caso di emergenza e per chiamare casa dovevo raggiungere una cabina distante 45 minuti dal mio alloggio: lo facevo una volta a settimana e assaporavo ogni momento di quel cammino, all’andata e al ritorno. Durante il mio soggiorno, ho anche letto tantissimi libri, steso su un’amaca. Ho imparato che più si ha fretta, più il tempo ci sfugge. Che il tempo si allunga quando smetti di inseguirlo.”
Si scrive per incollare gli eventi alla memoria.
Ma anche per giocare con la realtà e i suoi diversi strati.
La vita è un viaggio e viaggiare nella vita è come vivere al quadrato, vivere per addizione.
Se poi aggiungiamo tutto ciò che i nostri sogni, reali e onirici, ci regalano, allora possiamo essere abbastanza certi di non trovarci in una sala d’attesa.
La vita ha bisogno di essere confermata, giorno dopo giorno. E affinché questo accada, paradossalmente, niente deve rimanere cristallizzato.
Tutto deve scorrere.
“Una volta un amico mi disse che l’errore peggiore che si possa fare è quello di credere di essere vivi, quando invece stai dormendo nella sala d’attesa della vita: il trucco sta nel combinare le tue facoltà razionali dello stato di veglia con le infinite possibilità che puoi incontrare nei tuoi sogni. Se riesci a fare questo, puoi fare tutto.”
*Cit. dal film “Waking life” di Richard Linklater, 2001
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